Qualche settimana fa l’Ungheria e’ stata teatro di manifestazioni di piazza, che poi si sono propagate per solidarieta’ in altri paesi europei, perche’ il Governo aveva annunciato l’imminente applicazione di una tassa su Internet. Le tante manifestazioni e il movimento di opinione internazionale hanno indotto l’Ungheria a ritirare la proposta che avrebbe comportato un passo indietro per l’Ungheria nella corsa all’inclusione digitale.
Spesso i governi sono portati a prendere decisioni (o almeno ad avanzare proposte) che nel tentativo di aumentare il gettito fiscale o di tutelare interessi e diritti rischiano di accentuare il divario digitale e compromettere diritti fondamentali e competitivita’.
Il dibattito sulla neutralita’ della rete e’ attuale da almeno 10 anni e suscita interessi sempre maggiori per la consapevolezza dell’importanza sociale ed economica di Internet e per il timore che gli interessi economici di pochi possano compromettere i diritti di tanti a scapito della crescita democratica ed economica di interi paesi. Sul piano internazionale c’e’ poi la consapevolezza che qualsiasi decisione controcorrente presa da un singolo paese senza alcun tipo di coordinamento possa creare asimmetrie nell’utilizzo della rete le cui conseguenze a medio termine sono imprevedibili. Per questo esistono direttive europee e per questo l’allora Commissario per l’agenda digitale Neelie Kroes ha usato parole durissime contro l’iniziativa ungherese.
In Italia non mancano esempi. Guardando al recente passato le leggi restrittive sulle modalita’ di registrazione e autenticazione degli utenti delle reti WiFi ha compromesso la diffusione del WiFi nei luoghi pubblici e ha indotto alla ritirata importanti aziende internazionali. Il tentativo di rimuovere l’ostacolo con la semplice abrogazione degli articoli piu’ restrittivi non ha consentito all’Italia di colmare il divario e ha creato asimmetrie nella catena delle responsabilita’. Ancora oggi in Italia sono in atto rocamboleschi tentativi di incentivare la diffusione del WiFi pubblico.
Guardando al presente vale la pena di chiedersi quale sia l’effetto dell’applicazione ai supporti di memoria di massa (non solo CD, DVD e chiavette USB, ma anche Hard Disk e memorie Flash) del cosiddetto “equo compenso“, introdotto per assicurare ai possessori di diritti d’autore iscritti alla SIAE un indennizzo sulla copia privata delle loro opere. Poiche’ la memoria di massa e’ anche un componente essenziale di qualsiasi strumento di calcolo (computer, tablet, smartphone) l’equo compenso induce tutti i produttori di dispositivi (Samsung, Apple, …) ad aumentare i prezzi dei dispositivi in Italia, indipendentemente dall’uso che chi li acquista ne fara’. Questo significa ad esempio che chi acquista regolarmente un contenuto in rete e ne fruisce tramite il proprio PC paga i diritti due volte, mentre chi usa il PC per lavoro paga comunque per l’uso improprio che potrebbe farne. L’iniquita’ dell’equo compenso non sta solo nel fatto che punisce gli onesti, ma anche nel fatto che altera il mercato italiano e alza la barriera d’accesso agli strumenti necessari all’inclusione digitale.
Guardando al futuro oggi si parla di inserire nella legge di stabilita’ 2015 l’estensione del canone RAI a qualsiasi dispositivo in grado di ricevere il segnale televisivo o radiofonico. Ancora una volta la convergenza fa rientrare in questa ampia categoria PC, tablet e smartphone di nuova generazione, cosicche’ il canone RAI finirebbe per alterare il mercato (punendo la convergenza tecnologica e favorendo dispositivi obsoleti) e aumentare il divario digitale di origine economica.
Queste azioni sono in evidente contrasto con le motivazioni che animano le tante iniziative internazionali (Europe Code Week, Hour of Code, Computer Science Education Week) e nazionali (LaBuonaScuola, Programma il Futuro) volte ad avvicinare i giovani e i giovanissimi alla programmazione, nella consapevolezza che il pensiero computazionale sia un elemento di crescita individuale e che la sua diffusione sia un elemento indispensabile alla competitivita’ del paese.
Tassare in qualsiasi modo il possesso di strumenti indispensabili al calcolo e alla computazione vuol dire alzare la soglia di accesso agli strumenti indispensabili non solo per accedere ad Internet (digital divide), ma anche per sviluppare il pensiero computazionale (computational divide).